sabato 16 giugno 2012

Fotovoltaico: finita la festa rimane il conto da pagare

Premessa: oltre un anno fa scrissi un articolo abbastanza caustico sull'argomento. ahimè per seguire ciò che dissero i giornali nazionali dell'epoca presi delle cantonate terribili. Mi riproposi di riscrivere con aggiornamenti e documenti ufficiali tutte le informazioni raccolte ma spero di trovare il tempo a breve


Fotovoltaico: finita la festa rimane il conto da pagare:
Nonostante la recessione, un settore industriale ha continuato a crescere in Italia: il fotovoltaico. Grazie agli incentivi, pagati dagli italiani con aumenti delle bollette elettriche. Tra l’altro, la crescita della produzione da fonti rinnovabili avviene mentre scende la domanda complessiva di energia elettrica. Senza contare lo sbilanciamento della rete dovuto alla forte variabilità della produzione fotovoltaica ed eolica, che finirà per aumentare il costo richiesto dai gestori di centrali termoelettriche per tenere a disposizione un’alta capacità di riserva.
di Giorgio Ragazzi* (lavoce.info)
Siamo in recessione e da quindici anni l’economia italiana ristagna, ma c’è un settore che brilla: il fotovoltaico. Nel 2011 siamo stati i primi al mondo per crescita, con 9,3 Gw istallati, contro i 7,5 della Germania ed gli appena 1,5 in Francia e Stati Uniti.
Passi indietro sugli incentivi
Siamo ormai anche la seconda “potenza” mondiale dopo la Germania (ahimè solo in questo settore), con 12,7 Gw istallati (fine 2011), contro i miseri 4,2 degli Usa e 2,5 della Francia. È però un primato che pagheremo caro, visto che nell’anno in corso il Gse dovrà erogare sussidi per circa 6 miliardi, scaricandoli sulle bollette elettriche. In Germania il costo totale per sussidi è solo di poco più alto, ma loro hanno istallato 25Gw, cioè hanno sostenuto un costo per unità di potenza pari a poco più della metà del nostro. Basterebbe questo a sottolineare la folle e scriteriata generosità dei nostri incentivi nei due anni passati, e gli enormi profitti che abbiamo offerto a chi ha approfittato della “sbadataggine” dei ministri allora in carica. Oltre a loro, ne hanno tratto beneficio soprattutto iproduttori di pannelli cinesi.
Recentemente però il ministro tedesco della Tecnologia (Philipp Rosner) ha dichiarato che il balzo dei sussidi al fotovoltaico è “una minaccia per l’economia”. Anche la Germania, come la Spagna, si appresta a un brusco taglio negli incentivi, e lo stesso avverrà in Italia con l’entrata in vigore del nuovo decreto presentato dal ministro Passera (quinto conto energia). Abbiamo fatto un gran bel falò, però con la paglia, e ora ci saranno chiusure di imprese e cassa integrazione anche in questo settore, mentre resterà un macigno di 120 miliardi da pagare sull’arco dei prossimi venti anni.
L’Autorità per l’energia e il gas (Aeeg) ha recentemente aggiornato la stima del costo annuo della bolletta elettrica per un consumatore tipo (consumo di 2.700 KWh): i sussidi alle energie rinnovabili e assimilate generano un aumento del 21 per cento del costo, quelli al solo fotovoltaico del 13 per cento. Circa la metà dell’incremento totale della bolletta elettrica negli ultimi due anni è dovuto proprio alla “esplosione” dei sussidi alle rinnovabili, e la Aeeg ha già previsto un ulteriore incremento del 5 per cento circa.
Effetti sulla rete
La forte crescita della produzione da fonti rinnovabili avviene mentre scende la domanda complessiva di energia elettrica. La produzione nazionale è diminuita da 314 TWh nel 2007 a 301 nel 2011; nei primi quattro mesi del 2012 v’è stato un ulteriore calo del 3 per cento rispetto all’anno precedente. Diminuisce la produzione termoelettrica (e restano sottoutilizzati impianti efficienti) mentre aumenta la quota delle rinnovabili; il fotovoltaico è salito, nei primi quattro mesi dell’anno, al 5,14 per cento del totale (era l’1,35 per cento l’anno prima). Potrebbe sembrare una buona notizia, non fosse per il fatto che sostituiamo fonti che costano 60-65 euro a MWh con fonti che costano 430-450 euro a MWh, con conseguenze per il tenore di vita e la competitività del paese ben immaginabili.
L’apporto che la nostra produzione fotovoltaica darà al miglioramento della qualità dell’aria del pianeta può ritenersi pressoché nullo, e comunque straordinariamente caro. Si stima che ridurre una tonnellata di CO2 producendo energia fotovoltaica costi attorno a mille dollari, mentre sul mercato europeo il prezzo è di 8 dollari.(1)
Un aspetto poco noto è poi lo sbilanciamento della rete dovuto alla forte variabilità della produzione fotovoltaica ed eolica. Si stima che, nei prossimi mesi da giugno a settembre, la produzione fotovoltaica rappresenterà più dell’8 per cento della produzione totale, ma nelle ore centrali del giorno questa quota potrà salire al 30 per cento, per di più concentrata in alcune Regioni come la Puglia. Se la rete non riesce ad assorbirla, l’energia prodotta non viene ritirata dalla Terna ma è ugualmente pagata (come già avviene per l’eolico): oltre al danno anche la beffa. Le energie rinnovabili hanno comunque precedenza per accesso alla rete: quando queste producono, le termoelettriche devono chiudere, salvo poi essere pronte a ripartire la sera, se cala il vento o quando il cielo si rannuvola. Quanto sarà il costo richiesto da chi gestisce centrali termoelettriche per tenere a disposizione tanta capacità di riserva? Già oggi è aumentato di molto il costo dell’energia tra le 19 e le 21. Si parla poi di costruire enormi sistemi di batterie per accumulare l’energia in esubero: ma sono follie che può permettersi un paese in via di impoverimento come il nostro?
(1) Per queste stime vedi B. Lomborg “Germany’s sunshine daydream”, www.project-syndicate.org, 17 maggio 2012.
Leggi anche: Energia rinnovabile, oltre il costo degli incentivi di Marzio Galeotti
*Allievo di Francesco Forte, ha lavorato come economista al Fondo Monetario Internazionale, quindi come dirigente nel settore finanziario di una multinazionale. Tra il 1980 ed 1984 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale. Ha quindi  insegnato, all’Università di Bergamo, i corsi di Politica economica e Scienza delle finanze e, per due anni, Finanza alla LUIS. Oggi in pensione, svolge attività di consulenza.

1 commento:

Giulio GMDB© ha detto...

Tutto questo perchè in Italia tutto viene gestito alla carlona, nessuno che si prenda la briga di fare uno studio ed un piano di investimenti efficace prima di lanciarsi in nuove iniziative