domenica 28 marzo 2021

Autocritica sulla propria depressione

 
Non credo di averlo mai scritto ma proprio in questo periodo l'anno scorso venni lasciato a casa da una società in cui ero appena entrato. Il motivo ufficiale fu la pandemia e la chiusura delle commesse. La causa ufficiosa è che per quella piccola società non andavo bene. Cose che capitano; nonostante io sia stato sempre trasparente e anzi mi sia svenduto al ribasso capita che chi ti sta davanti capisca fischi per fiaschi. A parte l'orgoglio professionale ferito non mi dispacque più di tanto: chiesi subito la naspi mentre l'Italia chiudeva bottega: letteralmente.

Ricordo le giornate tutte uguali in cui non riconoscevo più un giovedì da una domenica o un lunedì e la quotidianità divisa tra partite on line ai videogiochi, studio dell'impiantistica (non volevo "star fermo") le 2-3 ore a prender sole sulla soglia di casa (avendo un ingresso di casa al piano terreno indipendente e nascosto dove batteva il sole il pomeriggio ne approfittavo) e fare un po' di ginnastica. Provare a fare qualche ricetta (ovvero prendere pacchi di pasta scaduta da qualche mese e per non buttarla condirla con zucchine, peperoni o altro). Ricordo la voglia di fare pizza e pane e l'impossibilità di farli perché il lievito era più raro delle spezie nell'europa medioevale. L'angoscia di andare al supermercato perché odiavo, e ho sempre odiato fin da una biblica fila al terzo anno di università, fare le code. Come ricordo con piacere il prendere la macchina anche solo per 15 minuti per andare al supermercato e mi sentivo come in "Io sono leggenda" per il solo fatto di guidare in una città deserta.

In mezzo a tutto questo non ero preoccupato di non trovare lavoro. Ero stressato perché per 3 anni ero corso dietro ai mezzi pubblici e a cercare tempo che non trovavo mai. Volevo andarmene in montagna per sfruttare il tempo libero e dare un senso al tutto ma ovviamente il lock down lo impediva.

Nel mezzo di tutta questa calma apparente, questo silenzio questo tornare un po' ai tempi dell'università nei periodi in cui non lavoravo con il plus di esser solo ma in me si spezzò qualcosa.

In diversi anni di impegno e anche di sedute dallo psicologo avevo imparato a stare in mezzo alla gente ché la mia infanzia e adolescenza sono sempre state estremamente solitarie. Non tanto per mia scelta o carattere quanto per una serie di sfortunati eventi che non reputi tali finché non lo realizzi. Ebbene complice anche l'effetto "mal comune mezzo gaudio" mi sono riabituato, come in adolescenza a star bene da solo o meglio a sentire casa come una tana comoda da cui non uscire ma che allo stesso tempo una parte di me percepiva come una gabbia. In questo mio isolamento ho perso buona parte della forza propulsiva che mi ha spinto a cercare e cambiare lavoro quasi con rabbia in questi anni: la voglia di dimostrare a me stesso che valgo qualcosa e che "se voglio posso". La voglia di mettermi in gioco e di alzarmi ogni giorno e di affrontare una giornata lavorativa anche se non mi va. Vero è che ci sarebbe molto da dire su come abbia affrontato certe situazioni e come abbia cercato di evolvere in certi ambienti. Ebbene, molto di questo l'ho perso per strada; non mi sono mai preoccupato di rimanere senza lavoro perché sono nel grande nord e qui gli ingegneri li cercano sempre, era solo questione di tempo e tra tanti cialtroni che ti fanno solo perder tempo qualcosa avrei trovato. Così è stato ma non mi soddisfa. non mi soddisfa perché non mi piace il lavoro e non mi soddisfa perché mi sono accorto che non ho voglia di lavorare, che, se ti chiami Gianluca Vacchi non c'è problema, nel caso mio invece questo pensiero merita quanto meno una riflessione approfondita.

Lavorare mi è sempre piaciuto e per me la giornata perfetta non è aver riempito 8 ore guardando l'orologio ma avere, per 8 o più ore fatto qualcosa di cui esser fiero, di aver fatto la mia parte e di sentirmi parte di un qualcosa di produttivo. Insomma la voglia psicologica di sentirmi riconosciuta una utilità su questa terra, magari anche di sentirmi encomiare per quel che ho fatto. Queste cose le ho perse per strada. Ho una certa età e a causa di una vita che ho scelto coscientemente solo in parte (non voglio dire che io non c'ero ma sicuramente non mi hanno mai preparato alle conseguenze), una esperienza lavorativa "frammentata" e assolutamente insufficiente rispetto alla mia età, mi fanno venir paura di rimanere per strada. Certo, ho sempre pronto il piano "B": mettersi in gioco acquisendo professionalità tramite corsi specialistici che, per fortuna, nel mio campo, ancora valgono qualcosa; oltre alla possibilità di poter chiedere aiuto ad amici che mi farebbero lavorare con loro non tanto per fini economici quanto per migliorare le mie competenze. sarebbe l'ennesima gavetta ma almeno la farei su qualcosa che mi piace. Ci sarebbero anche dei piani "C", "D" ed "E". Quest'ultimo mi vedrebbe, disilluso ma oramai in pace andare a coltivare la terra che fu di mio nonno facendo l'agricoltore imparando a curare uliveto e vigna perché in fondo la cosa che più dà fastidio lavorativamente è essere ripresi ingiustamente e vivere in maniera stressante, e per quanto la vita della terra sia come un lancio di dadi legato a come si comporta la natura bisogna dire che l'idea che l'insalata non ti giudichi è allettante anche se c'è sempre il rischio che si pensi che sotto sotto ci sia una pavida incapacità di accettare le critiche.

In finale? Non si può vivere una vita intera cercando uno psicologo o rompendo le palle agli amici. Bisogna sapersi rimboccare le maniche, scegliersi dei binari e avere il coraggio di percorrerli con impegno e stoicità anche se quando te lo dici e ti motivi ti senti quasi il sangue scorrer pieno di forza dentro di te e credi che da lì a poco riuscirai a materializzare la forza che percepisci esattamente come nei cartoni animati quando il personaggio con la sola "aura" smuove il terreno o gli elementi. Poi la mattina dopo quando apri gli occhi non ti ricordi una beneamata e ritorni nel loop. Tante volte mi sono detto "adesso si cambia" per poi non cambiare nulla, finché non mi sono accorto che a volte bisogna sapersi ingannare: è un po' come chi vuol correre forte. Se non lo sai fare la domanda che ci si deve porre per prima è: "ma so camminare?" E credo che, nel mio caso, conti non tanto la capacità di stravolgere tutto in una nottata quanto di riuscire a ottenere piccoli risultati che possono sembrare insignificanti ma che ti cambiano e che ti fanno prendere altre direzioni.

sabato 12 dicembre 2020

Recensioni fuori tempo massimo: The man in the high castle. Se Amazon fa le cose in grande

 


Questa serie tv ha catalizzato il mio interesse nelle ultime settimane nonostante l'abbia vista lì a farmi l'occhiolino per oltre un anno sul catalogo di primevideo. Ma cosa ha colpito me in questa serie di cui, in realtà, sui social trovo poche se non pochissime recensioni mentre sui siti di cinema e serie trovo recensioni spesso fin troppo entusiastiche? Andiamo a vedere un po' cosa ne penso e cosa mi è rimasto di quattro stagioni cercando di non spoilerare...

mercoledì 8 aprile 2020

Una scelta per distinguersi


Partiamo da un esempio pratico: ogni volta che vado al parco trovo qualche panchina vandalizzata. Una volta ne ho trovata una addirittura bruciata. Era in legno e le hanno dato fuoco.
Sulla panchina qualche persona con grafia femminile aveva scritto i propri complimenti all’autore o agli autori di quel gesto che rendeva inutilizzabile un bene di tutti.
Perché una bravata simile? Veloce flashback: visita di leva; un carabiniere cercava di convincerci di quanto fosse bella la vita militare anche per tranquillizzare i molti che vivevano i tre giorni (in realtà due più uno di accertamenti) come un processo per il patibolo. Mentre il militare parlava un ragazzo disse che lui non poteva perché aveva precedenti: durante una vacanza in Sardegna aveva, assieme ai suoi amici, spaccato diversi finestrini di macchine parcheggiate. Il carabiniere gli chiese perché e lui rispose con sincera nonchalance che si annoiavano e lo avevano fatto per passare il tempo. Ritorno ai giorni nostri.
Mentre guardavo quella panchina mi chiedevo quanto ci avessero messo a distruggerla e se mentre lo facevano fossero stati soddisfatti. Non era solo perché avevano distrutto un bene comune ed è la cosa più scontata che si dica in questi casi, o perché avessero privato chi fruiva di quel parco di un posto dove sedersi o appoggiarsi ma se fossero veramente tornati a casa soddisfatti del loro gesto. Pensando di aver fatto qualcosa di diverso, qualcosa di sopra le righe ed eccezionale, magari per combattere la noia.
In un mondo in cui si cerca in tutti i modi di affermare se stessi, di dimostrare che si esiste in modi più energici che far rumore quando si cammina o si respira, nel mondo in cui tutto è apparire e il successo e l’affermazione spesso si perseguono con la strada più facile (come scodellare le tette vestite da cosplay) in quel finto impegno dove non c’è crescita ecco che la distruzione diventa interruptio ergo sum e allora a me viene spontanea una domanda: chi è capace di distruggere una panchina? Chi ha le abilità per farla a pezzi e in quale modo? Non chiedo se lo farebbe o no ma se si è capaci di trovare un modo per vandalizzarla. Io reputo chiunque. Chiunque troverebbe un modo per farla a pezzi, chiunque si stupirebbe delle idee che potrebbero venire.
Allora se chiunque può farlo vuol dire che non serve un naturale talento per farlo. Vuol dire che non si è speciali o si ha un dono; si è uguali alla folla alla faccia del distinguersi.
Arrivati a questo punto ci troviamo senza panchina e vorrei chiedere a chi l’ha appena distrutta: “hai fatto una cosa che chiunque sa fare, ora sai ricostruirla o ripararla?”
In quanti ne sarebbero capaci? Io penso molto pochi e ancor meno a fare un lavoro fatto bene.
Se distruggi una cosa non sei diverso da chiunque, se la costruisci o la inventi credo invece di sì.

domenica 5 agosto 2018

la "comica" del cambiare lavoro

Uno dei motivi che quasi un anno fa mi spinsero a fare il cambio di domicilio passando alla città della fù nebbia, visto che anche qui oramai l'effetto serra si fa sentire, era che la prospettiva di avere più lavori a portata di mano. Idea che effettivamente si è rivelata vera: con il mio profilo tecnico per una offerta di lavoro che trovo a Roma, nel nord ne trovo 15. Se poi estendiamo fino ad Emilia Romagna e Toscana non ne parliamo.
Ovviamente avere solo il titolo e alcune competenze giuste od il linea, come usano dire i recruiter, non basta. Magari non sono idoneo perché non ho questa o quella capacità con la dovuta esperienza. Competenza chè possono essere banalmente la conoscenza dell'inglese o anni di esperienza in certi settorie e così via.
Per evitare di fare magre figure è normale non filarsi quegli annunci in cui si chiedono requisiti indispensabili in qualcosa che non si ha come è normale provarci o sondare il terreno su requisiti ideali.
Poi ti possono cercare oppure no.
Da un anno a questa parte avrò risposto si e no a 4 annunci, forse 5. Mi hanno invece chiamato sui canali classici dei social lavorativi o tramite i miei cv registrati alle varie aziende interinali. Ribadisco: mi hanno cercato.
Ora ti aspetti che chi faccia il recruiter sia una persona che ha fatto dei corsi per questo, che magari se ha una certa età abbia una certa sensibilità che spiegherò tra poco e sopratutto vada dritto al sodo.
Ebbene quest'anno mi sono dovuto ricredere per un sacco di cose: mai mi è capitato di aver a che fare con una tale massa di cialtroni sia uomini che donne. Gente che fa come gli pare e che evidententemente si crede chissà chi.
Perché dico questo?
Se vuoi cambiar lavoro è abbastanza normale cercare di tenere un profilo basso in azienda cercando di nasconderlo ai responsabili o comunque al proprietario. Se vuoi cercare un lavoro nuovo è normale andare a fare colloqui col cliente finale indirizzato dai reclutatori e sopratutto cosa per me più importante è essere estremamente sinceri su come si è e come ci si presenta che non intendo in giacca e cravatta ma cercare di far capire che hai voglia di lavorare, che hai voglia di fare e che ci tieni a quel posto.
Ebbene mi sono capitati reclutatori che ti chiamavano durante l'orario di lavoro. Chiedi se possono chiamarti durante la pausa pranzo o dopo l'orario lavorativo (esco alle cinque e mezza) e mi sento dire che loro dopo quell'ora non ci sono, che vogliono solo sapere una cosa (e ti tengono 20 minuti) o addirittura ti dicono di si e non ti richiamano più.
Gente che ti contatta su linkedin sbrodolandosi addosso che sono recruiting manager a vari livelli che lavorano per xxx e yyy che annoverano grandi clienti e che hanno letto il tuo CV e hanno una proposta perfetta per te. Vai a leggere e non c'entra nulla. gli invii il cv aggiornato (uguale a quello linkedin facendogli presente che non ti pare di avere le competenze ma che ti rimetti alla loro bravura lavorativa e ... non ti ricontattano. Oppure che dopo attenta lettura mi chiedono se so usare certi software e al mio diniego mi apostrofano " ma lei non sa usare nulla!!" (menomale che lo aveva letto).
Quelle che "le farò sapere in una settimana" e dopo 8 mesi mi richiama dicendomi dopo un giro di parole che il candidato che aveva scelto al posto mio si è rivelato poco serio e quindi ero tornato il lizza.
Quelli che mi chiedono di andare a fare un colloquio conoscitivo (non tecnico, quindi soltanto per fare quattro chiacchiere di 20 minuti massimo) dal cliente.... dall'altra parte d'Italia. Ovviamente a spese mie.
In quest'ultimo anno ho speso talmente tante ore di permesso andando dietro a questi incompetenti ( che la mia ditta ha tramutato prontamente in ore di ferie) che decisi tempo addietro di metterci un freno.
Un reclutatore se inizia a far storie su orari e tempi non è bravo.
Un reclutatore se sta più tempo a far presente quanto so bravi a trovar lavoro o quanto è bello il posto di lavoro del cliente senza approfondire il profilo caratteriale del candidato non è bravo.
Un reclutatore che dopo 25 minuti che ti fa parlare, ti fa l'unica domanda sull'unica competenza che gli interessa veramente per poi cambiare tono e scazzarsi è da attaccargli il telefono in faccia subito.

Di aneddoti che mi sono capitati credo di poterne raccontare a bizzeffe e onestamente piegarsi alle richieste strampalate di questo o quell'altro reclutatore (ma anche donne eh) solo perché si vuol cambiare lavoro non lo trovo serio e meno seri sono queste persone che a volte si inalberano pure quando non ti opponi ai loro modi faciloni ed incompetenti.

Ovviamente mi sono capitati anche professionisti e professioniste; quelli che gli interessa vedere la persona e giudicare il loro potenziale, o non si fanno problemi a farti il colloquio quasi la sera. Magari sbaglio e magari anche loro fingono esattamente come tante persone che mentono spudoratamente per cambiare lavoro ed entrare in qualche posto "figo".
 Naturalmente capisco che anche questa sia gente che lavora e che di candidati ne processani una infinità al giorno, che anche loro vivono, amano e soffrono quindi non possono avere sempre la dovuta sensibilità però visto il cinismo che dimostrano alcuni non vedo perché non dovrei mostrarmi anche io altrettanto. 

domenica 25 febbraio 2018

La politica che mi ha stufato

Premessa:
questo è un blog e quindi vigono delle regole. Quale sarebbe la sorpresa? Che sono regole, non leggi o principi fondamentali della costituzione quindi qui ognuno può dire quello che vuole purché non rompa i cosiddetti e mi riservo di annichilire qualsiasi commento ritenga vada oltre la semplice discussione ma diventi una scusa per fare il capetto in casa altrui. So prepotente? No: casa mia regole mie. Punto.

Non è un mistero che io sia un simpatizzante dei 5stelle. Ovviamente a differenza dell'italiota medio non voto un partito solo in quanto rappresentante di un ideale ovvero non è che perché reputo il partito X che rappresenta quel ceto io lo voti a prescindere da chiunque sia il segretario, qualsiasi vaccata dicano, propongano ed appoggino.
Voto 5 stelle perché disgustato da chi è negli altri partiti. Basta avere un minimo di memoria che arrivi a 5 anni per vedere che mediamente TUTTI dicono e cambiano idea a seconda della comodità (poi parlano di populismo...). Che partiti che invitano gli altri a dimettersi in seguito a scandali a volte grandi a volte veramente risibili siano poi beccati a collaborare e prendere voti con organizzazioni criminali.
Trovo vergognoso che politici beccati a delinquere vengano difesi dal proprio partito che spesso fa persino quadrato cercando di distorcere o modificare in tutti i modi le informazioni.
Trovo vergognoso che chi vota fieramente certi partiti definendosi onesto non dica nulla in proposito andando poi a fare le pulci sull'onestà sui 5Stelle che, non per difenderli, e mi pare l'unico partito che davanti all'evidenza dei fatti arriva a cacciare via senza tanti complimenti i propri affiliati. Sì lo so, adesso il rompicazzo di turno che conosco farà una bella lista di tutti i fatti torbidi di questo gruppo parlamentare. Tanto siete bravi a far notare queste cose anche vecchie di anni, tanto lo siete a dimenticarvi dei panni sporchi di quello che capita nei partiti che tanto orgogliosamente votate. No, non voglio stare a puntare il dito e canzonarvi che facendo le somme e le sottrazioni sui reati io voto meglio di voi. Ho 40 anni e i giochi infantili li ho lasciati da parte un po' di tempo fa. Vi invito solo ad essere obbiettivi ed a riconoscere i fatti.
Facciamo un esempio? Roma governata dalla Raggi. Ora sono diventati tutti esperti di rifiuti, trasporto pubblico, servizi sociali in città. La cosa divertente? Anche chi non ci abita dice la sua. Ok, ma Roma l'ha ridotta così lei o l'ha ereditata? Ah già, è la dimostrazione ulteriore che non sanno rimettere le cose a posto. Invece chi c'era prima e questa situazione l'ha creata? Quelli che volevano svendere atac ai privati? Seriamente pensate che i privati risolverebbero le cose? Quelli devono fatturare ossia guadagnare e tanto. Voi pensate che una azienda con oltre un miliardo di debiti se la accollino così per sport? Non pensate che avrebbe fatto la fine di alitalia di cui sotto berlusconi tutti sentii lamentarsi per come era stata ceduta? Certo, se ci andava il vostro partito politico avrebbe saputo come gestirla e come risolvere le cose ovvio. peccato che il vostro partito politico in città o di destra o di sinistra c'è stato in questi ultimi anni a governare. Però meglio puntare il dito vero?
Sapete che vi dico? Roma fa schifo? Sì, roma è una città stuprata e continuamente violentata dagli affari di pochi a vantaggio di ancora meno persone che se la sono spartita e sfruttata come farebbe un virus con un corpo: uccidendolo senza preoccuparsi per il domani con la certezza che non cadrà mai e che essendo la capitale qualcuno o qualcosa prima o poi interverrà. No, non funziona così. Non puoi lasciare una città in mano al buon senso dei cittadini dicendo paga il biglietto o non gettare i rifiuti per terra. Non puoi puntare sull'orgoglio e sul senso civico. Devi puntare sulla certezza che se righi storto paghi. Devi puntare sul fatto che i servizi ci sono e se non li usi è colpa della tua pigrizia e vieni sanzionato. Così funziona a milano o pensate che i milanesi siano meglio? Vi dico una verità: sono zozzoni quanto noi: solo che qui ti permettono di fare la differenziata sui rifiuti o di prendere i mezzi pubblici che funzionano o altro.
Vedi? stai dicendo che roma non ha servizi quindi fa schifo quindi è colpa della attuale amministrazione. Che mi risulti questa è l'unica giunta che si sta impegnando a cambiare rotta quindi sapete che vi dico? Visto che voi continuate bovinamente a votare chi vi aggrada io bovinamente do fiducia per i restanti anni di mandato, ammesso che ci arrivino, alla attuale amministrazione e poi tirerò le somme.

day 180 (Milan experience)

A ripensarci mi sembra strano eppure ieri ho fatto 6 mesi a Milano e tra pochi giorni diverranno 6 anche i mesi di lavoro ufficiali.
Di questa esperienza, che onestamente non so quanto durerà più per mia perplessità che per reali problematiche contrattuali in cui credo che a meno di cazzate atomiche o mia inettitudine credo verrò riconfermato senza problemi, non riesco ancora ad inquadrarla.
Intanto diciamo che la mia politica del sorriso, del non cercare a tutti i costi di essere amicone o cercare di arruffianarmi gente ma cercare di essere il più possibile me stesso sta pagando. Vedere che i colleghi iniziano ad invitarti, che si prende confidenza e che l'affiatamento cresce fa solo che piacere e stimola ad averne di più.
Che persino in palestra alcuni inizino a salutare quando prima l'asocialità sembrava essere prerogativa fondamentale di quegli ambienti fa ancora più piacere. Poi ok, la maleducazione, perché di questo si tratta la si trova ovunque ed in tutti gli strati sociali. Questo mi spiace perché il barbaro venuto dalle terronie lande sarei io, infatti la cosa mi fa rabbia perché mi sento defraudato di uno stereotipo.
Esattamente come accadde anni fa al cambio di quartiere a Roma mi trovo invece ad apprezzare le piccole cose che ho nella zona dove abito, che sia il supermercato comodo o la frutteria, la palestra o altre cose, ogni giorno mi abituo sempre più e mi affeziono con la conseguenza che anche la ricerca di una nuova casa si sta facendo sempre meno impellente ma non escludo di potermene andare anche a breve a causa di un cambio di lavoro. In fondo la cosa veramente particolare di qui è la quantità di lavoro che offrono. Qui al nord non scherzo se dico che il rapporto di offerte di lavoro è anche 20:1 rispetto al lazio e la cosa sorprendente è che più acquisto anzianità e competenze e più aumentano.
Poi certo non faccio tanta vita mondana e non sono il tipo che va a grandi eventi o discoteche ma inizio anche grazie ai colleghi nominati prima a apprezzare tante piccole cose e posti e anzi mi sta quasi venendo voglia di fare qualcosina per me se riesco a trovare il tempo ma questa è una cosa che dovrò valutare per bene.

domenica 14 gennaio 2018

Il sale in zucca: a grani grossi

Se questo fosse un film invece della vita reale, sarei sottoposto ad un qualche evento stressante che mi indurrebbe una serie più o meno lunga di concatenazioni mentali riportandomi ad un evento traumatico passato. da lì poi a seconda del contesto del film sarei un eroe, un criminale o comunque sia una persona che ha preso una qualche decisione.
Più concisamente, il mio evento traumatico se così si può definire è semplicemente l'aver scritto nuovamente in un forum dopo tanti anni. non ricordo quando è l'ultima volta che lo feci ma indubbiamente sono passati tanti anni.

domenica 5 novembre 2017

Day one... anzi: day (oltre il) sessantesimo a Milano



Eccomi qui a scrivere il solito cappello introduttivo su quanto tempo è che non scrivo, sul fatto che dovrei usare il blog più spesso anche se oramai non va più di moda e che alla fine che lo scrivo a fare se non mi segue nessuno ma alla fine sono tignoso e facebook non lo uso più anche se ogni tanto una lurkata gliela do.
Scopo di questo post è metterVi (Chi?) al corrente della grossa novità in cui mi sono imbarcato e che dal titolo magari avrete indovinato.
Sono oramai oltre due mesi che mi sono trasferito nella città lumbard con neanche troppa convinzione se posso essere onesto.
La fredda e comica cronaca narra che, facendo mente locale, tanto tanto tempo fa (dissolvenza in grigio e sgranato finto vintaggio) ovvero un anno fa circa venni a sapere per puro caso che la mia ex non solo aveva trovato lavoro stabile ma era andata a convivere con il suo nuovo ragazzo. La cosa sul momento mi sorprese, poi mi lasciò vuoto poi alla fine dei 30 minuti in cui avevo accusato la notizia mi causò nella testa una reazione che usando una metafora si può dire fossi esploso come il Vesuvio a Pompei. Solo che nella mia rappresentazione dalla lava eruttata spuntava fuori il Great Mazinger dopo aver trucidato una cinquantina di mostri meccanici contemporaneamente nel cuore del vulcano. Insomma come si suol dire ironicamente: “la presi bene”.
In realtà (e non lo dico per fare la figura dello sportivo son contento per lei anche se una parte di me molto cattiva una piccola vendetta la vorrebbe; in fondo non sono quella brava persona che tutti pensano io sia), la cosa che più mi ha fatto arrabbiare, infuriare, letteralmente esplodere non è il fatto che lei si faccia la sua legittima vita ma il fatto che non sia stato capace io. Nonostante l’impegno ed i sacrifici non riuscivo a trovare il lavoro che mi avrebbe permesso di andarmene da casa, di farmi la mia vita o almeno impostarla e sostanzialmente... sì: di crescere. Nella mia testa continuavo a dirmi: “In due anni lei ha trovato lavoro e se né andata di casa: tu nel frattempo che hai fatto?”
Il giorno dopo andai dal mio capo, nonché mio caro amico, gli spiegai la situazione e gli dissi che i giochi erano finiti: a 40 anni era pure ora che dessi la zampata vincente per dare una svolta decisa alla mia vita.
Da quel giorno ho triplicato gli sforzi per cercare un lavoro stabile, imparare meglio l’inglese (cavolo devo riprenderlo e ricominciare a studiarlo in proposito) ed a seguire ogni corso on line, leggere cataloghi ed a impegnarmi nel lavoro. Insomma un deciso cambio di marcia che anche chi mi stava vicino notò. Ma questo pareva non bastare in quanto per quanti sforzi facessi oltre un misero primo colloquio non andavo e più passava il tempo più mi demoralizzavo.
Il cambio ci fu a febbraio con un colloquio in cui una agenzia interinale cercava un ingegnere con poca esperienza. Feci in tutto tre colloqui (due presso il cliente) e alla fine venni scartato. Ci rimasi male! Poi però complice il lavoro che in Italia si sta riprendendo (come la progettazione), fui richiamato ed iniziò quella che al momento è stata l’esperienza più appagante come ingegnere junior che ho mai avuto: lavorare con professionisti gentili e preparati sempre pronti a spiegarti le cose con i colleghi sempre disponibili mi ha permesso in pochi mesi di crescere professionalmente come non mi capitava da anni. Fui pure mandato a lavorare presso un loro importante cliente come consulente. E lì capitò un’altra cosa: Mentre andavo ad un colloquio uscendo prima dal lavoro, in una calda giornata di luglio (sarebbe meglio dire arrostente) vidi quella che sembrava a tutti gli effetti la mia ex dentro una macchina con altre persone. Probabilmente tornava da un pranzo di lavoro. Ora che sia lei non dico che ci scommetterei (ma quasi) e il succo era che mi rovinò la giornata perché mi resi conto che ancora ero schiavo di un fantasma. Un fantasma che non volevo lasciare andare e che continuava a condizionarmi. Lì capii che a Roma per me non c’era speranza di serenità.
Per quella curiosa cosa per cui quando troppo e quando nulla in quel periodo mi cercarono da Milano (e Bergamo) e dopo un colloquio prima su skype e poi di persona mi fecero una buona offerta (meglio dire decente) e capii che dovevo partire quando trovai un affitto dove potevo andare a quattro soldi. Compresi che anche il fato, il destino o il culo mi stava dicendo di prendere quel treno.
Vi risparmio le scene da telenovela napoletana successe prima della partenza in casa ma vi dico invece l’esultanza degli amici tutti contenti che mi levassi dai piedi e mi facessi la mia strada.
I primi giorni sono stati molto duri; non tanto per il vivere da solo che alla fine paradossalmente ci sono abituato quanto per le condizioni iniziali: casa al piano terreno che dava su un giardino e io che potevo esser visto da tutti quando uscivo dalla doccia. Un frigorifero uscito dalla piccola bottega degli orrori e un divano letto che persino i morti di CSI si sarebbero rifiutati di schiattarci sopra. Tutto questo mi ha stressato parecchio perché la soluzione sarebbe stata comprare quello che mi serviva ma ancora dovevo iniziare a lavorare, in quella casa non avrei saputo quanto restare e allora come risolvere? Questa mancanza di controllo mi ha causato degli attacchi di nausea, sì nausea. Mi venivano i conati ogni mattina; conati affievoliti e poi scomparsi mano a mano che sistemavo le cose (e un caro amico mi supportava) fregandomene di tutto: mi serviva un letto: lo compravo; mi serviva un elettrodomestico? Via di offerte e si andava a prenderlo (anzi grazie ai miei amici storici di Milano, senza di loro non ce l’avrei mai fatta).
Per la questione lavoro mi sono trovato a fare i conti con la mentalità milanese: le differenze con Roma potrei elencarle con la stranissima usanza che hanno qui di pagare gli straordinari, con la pratica desueta di investire sugli impiegati pagando dei corsi per apprendere i software necessari a lavorare e così via. Tutte cose che difficilmente si trovano nella capitale dove anzi chi ti spiega per filo e per segno il lavoro è merce rara e che è più facile che quando chiedi le cose ti riprendano dicendo che non ti applichi. Mentalità meridionale che però mi ha formato e che mi serve per cercare di rompere l’anima ai colleghi il meno possibile perché devo dire che sono sempre strapieni d’impegni e di lavoro eppure 5 minuti per alzarsi e spiegarmi le cose le trovano sempre.
Dopo questo lungo riassunto la domanda che potreste pormi è: “si ma come te trovi? Com’è Milano?”
Sul come mi trovo in realtà non lo so manco io, diciamo che al momento vivacchio cercando di ritagliare degli spazi di serenità e di hobby dove posso anche se la realtà è che non ho neanche io le idee chiare al momento. E qui potrei fare una lunga e noiosa diserzione pseudo psicologica/ asciugante/ rompiballe.
Per il resto Milano è come ho capito in fretta la città delle opportunità; mi è stato detto che “chi va via da Milan perde il pan”. Perché è qui che girano i soldi; è qui che in diversi lavori ti chiedono la lingua inglese, almeno, ché sì stiamo in Italia ma i clienti sono quasi tutti esteri. Sicuramente è una città che per i viveur è un sogno divenuto realtà: fanno concerti, spettacoli e tanti tanti eventi. I trasporti funzionano bene e si arriva un po’ dappertutto. Le cose costano un po’ più care ma complice la presenza di ipermercati che sia per quantità che per grandezza (a Roma il centro commerciale porta di Roma sembra poco più di un salone di paese) si trovano offerte veramente convenienti: anche se devo dire che alcune cose obbiettivamente sono più care ma in fondo sono a Milano!
Di contro il clima non è granché (i lombardi si offendono se dico che è abbastanza una merda?): non tanto per la nebbia (pare che quella vera, quella densa che dura giorni e che si taglia col coltello sia non pervenuta da anni) ma per il senso di oppressione che mi dà l’aria. Sono tornato a Roma l’altro giorno e complice anche un delizioso venticello annusavo l’aria fresca e… me la degustavo dicendomi che mi mancava.
Mi manca come la socialità del romano medio: qui vai al bar e prendi un caffè (1€) e provi ad attaccare bottone. Non col il gestore cinese che qui sono tantissimi ma con i pochi italiani rimasti e ti servono, sono gentili ma non chiacchierano. Ovviamente non è dappertutto così ma altre persone me lo hanno confermato.
Altra cosa curiosa le persone: il modo di vestirsi: non meglio o peggio ma diverso. Si vede la differenza di moda, di truccarsi delle donne o magari lo zaino che va per la maggiore tra gli studenti.
Ci sarebbero altre cose da dire, sul fatto che qui ci sono tanti tanti stranieri e sono integrati che fa strano vedere delle ragazze palesemente straniere magari vestite anche con abiti tipici parlare in milanese (e tra l’altro diverse sono delle fighe assurde).
Devo ancora esplorare diverse cose della città e soprattutto l’hinterland che ho iniziato a girare ma già sono stato rapito dalla voglia di scouting inteso come voglia di esplorare. Queste cose le riprenderò in post successivi che come nei tanti cappelli di chiusura passati, prometto tratterò a breve (parola di marinaio).
Ultima nota di colore è che tra gli amici romani mi hanno chiesto se sto già prendendo la cadenza di qui: ebbene più sento parlare milanese più mi viene da accentuare il romano manco fossi “Er Monnezza”. Questo non depone bene su cosa penso nel profondo di questi posti nel caso dovessi trovare un lavoro definitivo ma in fondo anche quando cambiai quartiere a Roma oltre 20 anni fa tutto il mio essere si ribellò eppure trovai nel bello e guai a chi me lo tocca.