giovedì 22 luglio 2010

ridatemi IL sogno

Correva l'anno 2001, young Blubbo in crisi di esami universitari cercava nuovi spazi per studiare e l'illuso li trovo in una piccola ma pittoresca biblioteca pubblica vicino casa dentro un parco. Lì conobbe parecchia gente , ragazzi come lui che si arrangiavano a lavorare. Lì iniziò a sentir parlare per le prime volte del lavoro di operatore di call center, lavoro part time che veniva fatto per lo più da ventenni che per mettere qualche soldo in tasca passavano le mezze giornate con contratti ambigui. Poi si trattava veramente di qualche soldo ma l'umore era alto: in fondo tutti vivevano da mamma e papà e i soldi eramo per sigarette e uscite, vacanze e regali per se stessi o la propria ragazza.
Sono passati tanti anni e quei ragazzi sono cresciuti, ora sono trentenni e si sono moltiplicati. Non fanno tutti quel lavoro ma il tipo di contratto è divenuto uno standard. Il contratto a progetto (si ok, per i telefonici praticamente non esiste più) è una realtà tutta italiana, sarebbe meglio definirla truffa all'italiana. Proprio lì dove le aziende (piccole) lamentano che lo stato non le aiuta, approfittano di questa forma di patto capestro sul lavoratore che non ha diritti se non quello di farsi spremere come un limone finché può essere produttivo. Ma non divaghiamo.
Si parla di crisi , si parla di carenza di posti di lavoro.
Blubbo che con la scusa dello studio fa lo scanzafatiche si fa ancora mantenere perché ogni piccolo lavoro era una scusa per non studiare e quando si hanno i soldi sottomano stare sui libri diventa ancora più faticoso. Quindi mentre sto facendo il bamboccione impegnandomi di più nel finire gli studi la vita per gli altri continua e vedo amici anche cari che si impegnano per ottenere la loro indipendenza economica, per sposarsi, convivere, avere uno o più figli.
A volte mi parlano dei "soprusi" di cui sono vittime: orari non rispettati, ore in più non retribuite, o peggio mansioni che non gli spettano minimamente. Anche chi sta a tempo indeterminato non se la passa meglio, un amico mi diceva che il suo capo esigeva che ridipingesse il bagno dell'azienda (importante tra l'altro) e al suo diniego perché non faceva parte delle sue mansioni (contratto a tempo indeterminato) il capo rispondeva seccato che il suo comportamento era contro l'azienda (!!!)
Chissà quante storie potreste raccontare anche voi, tutte simili, tutte fatte di incazzature lavorative, tutte fatte da stress perché o così oppure il sogno di vivere da soli, di mantenere il figlio o semplicemente pagare il mutuo o la macchina nuova non può continuare.
Si da la colpa alla crisi ma oramai sono anni che è così, da quando sentii parlare di contratti a progetto, da quando le aziende hanno preferito esternalizzare, da quando ti fanno fare tre lavori in uno (se lo trovi) e più che bravo devi eccellere nel saper essere schiavo.
La verità è che non hanno levato solo il sogno a chi cerca lavoro ma hanno levato un sogno , un diritto! ancora più fondamentale a chi invece si impegna tutti i giorni: il diritto di mandare affanculo il proprio capo e andarsene altrove. Il sacrosanto diritto che ha ogni lavoratore di scegliere di meglio per il suo futuro. Hanno ammazzato il sogno sostituendolo con l'incubo dell'essere sempre sul chi va là, del dover stare attenti a  ciò che si dice per paura di perderlo quel posto di merda perché magari con il contratto che ti hanno fatto sono loro a poterti dire col sorriso befferdo "addio".
Ridatemi il mio "vaffa!" , "vada al diavolo" e "se lo metta dove dico io il suo lavoro!!!" Ridatemi la scelta, perché se io che lavoro potrò scegliere vorrà dire che anche il lavoro abbonderà. Ridatemi il sogno di non vivere con angoscia il dover andare al lavoro. Ridatemi, anzi ridategli il sorriso perché il lavoro nobilita l'uomo ma oramai lo logora e basta e in una grande città come la mia ammazzarsi dietro mille lavoretti sta divenendo una consuetudine. E io forse , il giorno che mi laureerò avrò anche questa di ansia.

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