sabato 3 maggio 2014

Si chiude un anello

Dopo alcune esperienze a vent'anni mi sono convinto che le fasi della vita sono come degli anelli. Partono da un punto per poi richiudersi su se stessi non lasciandoci altro che l'esperienza che è una maglia, o anello, della catena che chiamiamo vita e che si spera, alla fine della stessa non serva per tirare lo sciacquone che ci risucchierà via ma anzi serva a qualcosa di utile per le generazioni future.
Questo argomento mai avrei pensato di usarlo come introduzione per una cosa più seria di cui sognavo di parlare da tanto tempo e che finalmente mi appresto a fare.[...]
C'avevo 19 anni, già bocciato una volta, pesavo oltre 100 kg e quell'estate faceva un gran caldo. Così mi presentai alla segreteria di ingegneria quella calda estate del '96 per consegnare la "preiscrizione" rivolta al Magnifico Rettore, figura che già da subito mi fu sul cazzo per questo modo pomposo a cui gli studenti si dovevano rivolgere (la trovavo tanto odiosa che la lettera la volevo firmare "sempre suo a pecora"). Certo pro forma ma che la diceva da subito lunga su che aria tirasse in facoltà.
Comunque dicevo, avevo quella età lì e nonostante tutto ero speranzoso di fare una ottima carriera universitaria. Pensavo di spaccare il culo a tutto e tutti, pensavo che con l'impegno tutto era facile e credevo di impegnarmi tanto e soprattutto pensavo che mi venisse tutto bene e subito, insomma tipo 13enne ma con un po' di anni in più. Avete presente? Ecco. L'università era un posto magico per me. Nella mia famiglia solo una persona, un cugino, l'aveva frequentata e quindi non se ne sapeva nulla. Aggiungeteci che i miei non hanno fatto quasi scuola quindi di questa istruzione post diploma non ne sapevo una cippa e, incredibile a dirsi ma faccio outing, la cosa più simile all'idea di studente universitario me lo diede il telefilm di Kiss me Licia con Cristina d'Avena. Questo la dice molto lunga o no?


 
Non mi giudicate!!!!

 Vabbè.... Ora se ancora non avete chiuso il browser sdegnati continuiamo.
Già ho parlato in un precedente post delle sofferenze che ho provato in tutti questi lunghi anni e di come la mia spocchia sia prima cambiata in angoscia di non riuscire a fare gli esami e infine in consapevolezza di non essere il marchese Del Grillo:



fino a cambiare metodo di studio e a combinare qualcosa di veramente buono.
Da allora ho voluto fare la tesi con una professoressa e una azienda che mi hanno portato più seccature e guai che altro. Non vi nascondo che l'anno scorso ad agosto mi sono fatto anche un bel po' di pianti per la frustrazione di non riuscire ad iniziare il lavoro. Perché sì, ho buttato praticamente 5 mesi; non si riusciva ad attivare uno stage e perché la mia professoressa si è fatta beatamente i cazzi suoi mentre io ero bloccato. Naturalmente mi incolpava di tutto, cioè: l'argomento di tesi era dell'azienda  (lo "studio delle criticità potenziali degli elettrodotti in galleria della certa azienda X in presenza di altri servizi appartenenti ad altre entità" (tesi sperimentale)), era l'azienda che era andata dalla mia proff a proporglielo ma poi non sapevano che farmi fare. disorganizzati, menefreghisti e hanno pure cercato di dirmi che era colpa mia che non mi impegnavo. Su che poi visto che non sapevano dirmi cosa dovevo fare di preciso.... aggiungiamoci un correlatore che a parole era sempre disposto a farsi in quattro e poi a fatti non era mai disponibile.
I soliti temperacazzi abbassino pure il ditino: so benissimo che non sono il primo ne l'ultimo che ha avuto problemi di tesi ma il problema è che io non riuscivo proprio ad iniziarla e il fatto che poi mi incolpassero mi distruggeva. Poi la tesi è cambiata ma con argomento simile. Dovevo applicare una "formuletta" che dovevo chiedere al correlatore e fare la tesi sui risultati. Ci ho messo due mesi solo per chiedergli informazioni e alla fine mi ha detto che il lavoro che dovevo fare era impossibile perché troppo lungo, addirittura di anni. Quindi terza modifica al lavoro che alla fine è diventato una compilativa, sui cavi elettrici ferroviari. Non quelli in continua ma quelli in alternata che arrivano alle sotto stazioni elettriche. Con questa terza modifica alla tesi la sessione di gennaio saltata. Quindi rata universitaria da pagare, maggiorata del 50% a causa della legge Gelmini sulle università, e data probabile a marzo.
Dopo parecchio impegno, una lavata di capo della professoressa (perché gli ho consegnato un lavoro parziale e ignobile. E c'aveva ragione) e la riscrittura di interi capitoli facendo anche nottate, nel senso che mi svegliavo all'una di notte senza riuscire a prendere sonno quindi scrivevo fino alle 5-6 del mattino finché non ero soddisfatto ho consegnato il lavoro praticamente finito mercoledì 12 marzo e la seduta di laurea era il 24. Alla proff non andava bene però perché asseriva che non aveva tempo per leggerla (figurarsi correggerla. doveva partire per un viaggio) però davanti alla mia presa di posizione sul prendermi la responsabilità davanti alla commissione nel caso non l'avesse letta, mi sorrise e mi disse che l'avrebbe letta in treno (!!!). Quindi fino a 6 giorni dalla laurea (perché lei era assente) manco sapevo se il lavoro era fatto bene e se mi sarei laureato.
Poi il martedì successivo (-6 giorni) la incontro e mi dice che va bene ed è rimasta molto soddisfatta da un capitolo in particolare (su cui la mia ragazza ci si è dedicata 3 ore ranicchiata davanti allo schermo del portatile ammazzaocchi per vedere che non ci fossero errori di formattazione o grammaticali.
Quindi finalmente il via libera e l'impegno a fare la presentazione che altro non è che uno spot pubblicitario sulla tesi dato il poco tempo a disposizione (15 minuti massimo).
Alla fine è andata pure bene, c'era poca gente a vedermi ma sono stato felice, in fondo io l'ho detto agli amici un po' all'ultimo e inoltre per scaramanzia e mia natura ero reticente a farlo.
Però la discussione è andata più che bene e anzi mi hanno dato il massimo o addirittura più del massimo (!?!) infatti non ho capito se mi hanno dato 10 o 11 punti. Questo è un po' un mistero.

Detto questo vorrei mettere un evidenza una cosa: per me non era solo importante uscire dall'università ma come uscirne. Come ho detto sia l'università che la mia peccaminosa preparazione e la mia spocchia nei primi anni mi hanno fatto fare la vita del boccone: masticato, tritato, lasciato a fermentare e poi digerito trasformato in qualcos'altro che, per fortuna, non è diventato una scoria perché ho avuto nel frattempo una presa di coscienza. 
Fino a qualche anno fa l'idea che mi ero fatto del giorno della laurea era di "giorno del cazzo" ovvero quel giorno in cui la farsa della mia carriera universitaria sarebbe terminata. Non ci vedevo gioia, non ci vedevo felicità o coronamento dei miei sforzi ma solo la parabola di un perdente che arriva al traguardo, come nelle gare che lotti per le prime posizioni e poi ti ritrovi in coda e finisci solo perché so punti ma non per il prestigio del risultato. Così mi sono sentito, poi nel frattempo le cose sono cambiate anche perché me le hanno fatto intendere in maniera differente. Quindi la priorità, più importante di questo maledetto pezzo di carta era uscire con il sorriso, cioè uscire sorridente dalla sala dopo la proclamazione perché veramente felice del mio lavoro, dei miei sforzi e di dove sono arrivato. Questo mi è costato molta frustrazione perché il lavoro nella famosa azienda è andato a donnine allegre e l'impressione di essere una trottola che girava è sempre stata molto forte ovvero l'idea di non capirci un cazzo che si è dissipata solo nell'ultimo mese pre laurea. Ho avuto il mio sorriso? Sì! è stato bello, adesso direi che era meraviglioso ma non è vero, è stato bello, bella la sorpresa del voto finale, bello il sapere due settimane dopo andando dalla professoressa per farmi firmare la tesi (ci teneva) che il correlatore stra esperto di cavi elettrici, ha insistito perché mi si mettesse il massimo perché avevo detto tutto e dalla mia presentazione traspariva un lavoro completo sull'argomento. Quindi, praticamente quasi 18 anni di università hanno acquisito un senso. Poi uno dirà che è una magra consolazione ed è anche vero ma vedo il bicchiere mezzo pieno e cioè penso a chi invece non ha terminato o a chi è uscito con l'odio per la facoltà (e ne conosco). Certo, mi fossi laureato 10 anni prima sarebbe stato meglio, ora magari avrei chiuso altri anelli oltre questo ma pazienza, la vita prende strade che non ci si aspetta e non si sono pianificate. Mi spiace per chi non c'è più, questo lo sento con profondo dolore, mio padre che non mi ha visto neanche diplomato e mia nonna che se mi fossi sbrigato mi avrebbe visto dottore. Su questa cosa non mi colpevolizzo neanche tanto, se guardo indietro al mio passato (e vi assicuro che non è facile tenere gli occhi aperti) rivedo una vita piena d'affanni in cui alla fine poche volte ho veramente cazzeggiato e per lo più le giornate sono state passate all'insegna del provare a studiare senza risultati o "distratto" da altre cose. Devo dire che queste cose me le ha fatte capire la terapia senza la quale forse sarei pure laureato ma non sarei di certo uscito col sorriso e quello si che sarebbe stato un anello da attaccare alla catenella dello sciacquone.
Ora comincia la vita vera, fuori dalla fortezza Bastiani universitaria dove ci ho passato così tanto tempo che mi pareva quasi che la fine della vita studentesca dovesse significare anche la fine della vita reale. Ora posso dire di essere a tutti gli effetti un vero disoccupato, c'è poco da fare. Si comincia la vita vera e un po' mi intimorisce ma penso che ci siamo passati tutti no?


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